03/11/06

La Catalpa va all'università

La catalpa all'interno dell'Università La Sapienza di Roma
Se dicessi che questo articolo tratta di catalpe, di indiani e dell'Università La Sapienza, a prima vista riuscirebbe difficile, anzi arduo, trovare un nesso logico tra queste entità.
Talvolta però, il caso riesce a costruire legami inconsueti tra elementi diversi, dando vita così a storie, come quella che ho avuto la fortuna di ascoltare e che adesso trasferisco a tutti voi.
Per coloro che ignorano cosa sia una catalpa, rammento che con questo termine si indica il nome di un albero della famiglia delle Bignoniacee, con grandi foglie a forma di cuore, fiori bianchi disposti a grappolo e frutti molto particolari, costituiti da lunghe capsule, brune in autunno, lunghe dai 15 ai 30 cm. Scavando un po' di più come si confà ai veri curiosi, come spero siano i miei lettori, si scopre che il termine catalpa, fa parte del vocabolario degli indiani d'America, oggi chiamati "nativi", per designare appunto questa pianta molto diffusa soprattutto nei territori di confine compresi tra il Nord e il Sud dello stato della Carolina .
Ad essere precisi, diremo che il nome della catalpa viene da "Catawba": nome di una delle tribù, che già nel XVII secolo era considerata tra le più potenti nelle vallate dell'Ohio, riuscendo i loro guerrieri, a tenere testa alle tribù degli Irochesi, Shawnesi, Delaweresi e ad altre minori. Oggi i discendenti vivono in un territorio di soli 3.2 km² nel sud della Carolina .
Torniamo adesso all'Università La Sapienza di Roma, dove circa venticinque anni fa, un seme leggerissimo e di consistenza cartacea, partito da chissà dove, prima sballottato sui cieli della capitale dalle vorticose e disordinate brezze cittadine e cullato poi dai venticelli primaverili, ha adocchiato uno spazio non cementato, proprio davanti al Dipartimento di Matematica, forse pensando durante l'atterraggio, che la presenza dell'istituto di Botanica a qualche centinaio di metri, lo avrebbe di sicuro aiutato, nella sua permanenza nell'antico e prestigioso ateneo della capitale e ne avrebbe sicuramente favorito la crescita e la cura .
Un brutto giorno, di qualche anno fa (non ho i dati certi) non si sa bene chi, diede l'ordine di eliminare questa "inutile" pianta, in quanto ritenuta d'intralcio all'ingresso degli studenti in facoltà. Ovviamente la notizia girò tra studenti e docenti, ancor prima che l'insano ordine fosse eseguito.Ma chi volete che si curi al giorno d'oggi, dell'eliminazione di una catalpa?
Il caso volle però, che allorquando gli addetti, incaricati del taglio, erano già pronti con seghe e camion, ad eseguire la triste sentenza, passasse di lì, per fortuna, un noto e stimato botanico .
Ovviamente il docente conosceva quella pianta ed in qualità di esperto, sentenziò senza appello, che quell'ordine non poteva e non doveva essere eseguito, essendo quell'albero, un esemplare raro di "Catalpa" e pertanto assolutamente da proteggere e non certo da abbattere: il seme quindi aveva visto giusto e forse è per questo motivo che alcuni rami della catalpa, sembrano protendersi verso l'Istituto di Botanica, forse per ringraziare quel luminare per il tempestivo intervento.Lo stimato botanico le ha assicurato una lunga vita, ed al tempo stesso anche la possibilità di continuare ad ascoltare a loro insaputa gli studenti, dissertare di Keplero, Leibniz, Newton ed Eulero e facendole dimenticare, forse, quelle verdi valli della Carolina, dove i suoi progenitori erano nati e cresciuti, avendo su di essi lo sguardo fiero degli indiani Catawba.(se guardate al centro della foto, nel fogliame ne potete individuare uno....con un po' di fantasia).
La storia potrebbe finire qui, come si suol dire....a lieto fine; se invece volete farvi del male e perdere tutta la poesia del racconto e ritornare alla cruda realtà, provate a digitare "catalpa" all'interno del sito di e-bay, e d'un colpo cancellerete, questa piccola storia........ma non dite poi che non vi avevo avvertito !

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