11/02/07

Alla ricerca del bezoar , questo sconosciuto

Per i nuovi lettori e per i distratti,ho deciso, avendo ormai svelato il luogo dove si conserva questo strano reperto , di parlarne più diffusamente anche con il duplice scopo di incuriosire anche i non addetti ai lavori, circa gli antichi rimedi per la cura di malattie e malanni vari, e spingervi così a visitare questo utile e interessantissimo Museo Storico Nazionale di Arte Sanitaria, ubicato all'interno di uno dei più antichi ospedali italiani :l'Ospedale S.Spirito di Roma.
Iniziamo innanzitutto col ricordare che il termine "bezoar" deriva dal persiano, dove l'unione dei due termini pad+zahar,va tradotto come: rimedio al veleno.
Genericamente si definisce bezoar un agglomerato tondeggiante costituito da minerali,fibre di natura vegetale e animale che si forma all'interno dello stomaco di alcuni animali ed in particolare nei ruminanti (cammelli,lama,elefanti), ma anche nei coccodrilli ed in rari casi osservabile anche nell'uomo.
I testi di psicanalisi, riportano a questo proposito, i casi di soggetti psicotici, soprattutto donne, affette da "tricotitillomania". Tale curiosissima parola indica la tendenza a strapparsi e inghiottire i propri capelli, abitudine questa che favorisce la formazione di bezoar gastrici, che prima dell'avvento delle moderne tecniche radiologiche ed endoscopiche ,comportava il ricorso ad interventi chirurgici invasivi o determinava ostruzioni gastriche talvolta fatali.
Tornando invece indietro nel tempo,diremo che già al tempo dei califfi arabi, era d'uso impiegare gastroliti, prelevati da vari uccelli, a scopi anti-venefici e che l'uso della polvere di bezoar, insieme ad altri preparati a base di corno di liocorno(narvalo) era già in uso dall'XI secolo e continuò fino al XVI secolo.Si intuisce quindi come il rischio di essere avvelenati fosse all'ordine del giorno, sopratutto in certe corti.
I primi documenti a noi più vicini, che trattano dell'argomento in questione risalgono al 1600 quando si comincia a parlare di "de lapidis bezoar" e di "Antidotus bezaardica"; precursore dell'argomento risulta essere lo scienziato-naturalista, medico e filosofo Ulisse Aldrovandi, che già nel 1577 aveva scritto addirittura un trattato proprio sui Bezoar.
In realtà fu proprio dal 1600, che iniziò quel collezionismo di oggetti rari e inusuali, tipico delle cosiddette" stanze delle meraviglie", che coinvolse principi, alti prelati e intellettuali viaggiatori, che vi si dedicarono con sistematicità , come fecero sia l'eclettico gesuita Athanasius Kircher e lo stesso Aldrovandi, che riuscìrono a collezionare migliaia di reperti di ogni genere e provenienza, collezioni che hanno poi dato l'avvio alla nascita dei primi musei di scienze naturali in Italia.
Volendo invece completare le nostre informazioni sull'uso del bezoar,ritengo interessante quanto provato recentemente da alcuni studiosi dell'Istituto di Oceanografia Scripps che avrebbe verificato come un bezoar immerso in una soluzione "aromatizzata" con arsenico, ne avrebbe rimosso il veleno.In effetti il principio è di natura chimica:i composti del bezoar contenenti fosfati agiscono sui sali arsenicali da un lato trasformandoli e dall'altro creando con le molecole arsenicali dei legami proteici dovuti ai trico-elementi (peli e crine) che costituiscono la base dei bezoar di origine animale.
Detto questo vi suggerisco di dedicare una mattina(Lu-Me-Ve)tra le 9 e le 12, alla visita del museo già citato, ubicato a due passi dal Vaticano.
All'interno del museo, potrete trovare ben allineate in altissimi armadi di legno di rosa, le stupefacenti e dettagliatissime cere anatomiche del ceroplasta Manfredini : un vero artista nel suo genere.
Tra i reperti ben evidenti, troverete un tempietto originale, per la produzione e conservazione del chinino, portentosa sostanza che rivoluzionò i sistemi di cura della malaria.Troverete in un'altra teca ,proprio accanto al bezoar, un "corno di Liocorno"ovvero un dente di narvalo, ben conservato nella sua custodia d'epoca.
Troverete anche un vero laboratorio alchemico con tanto di alligatore pendulo e tutti gli accessori utili alla preparazione di magiche pozioni e forse della pietra filosofale.
In fondo troverete anche uno strano torchio che serviva a produrre la "triaca", sostanza considerata già nel "500", una sorta di panacea per tutti i mali , prodotta dagli speziali con centinaia di ingredienti tenuti segreti e che venne utilizzata fino aila metà dell'ottocento e anche oltre , visto che un'antica farmacia torinese, ne aveva ancora dei flaconi fino agli anni 60.

I patiti di storia della medicina , ovviamente ,troveranno reperti molto interessanti sia riguardanti gli strumenti chirurgici più svariati, che i primi apparecchi per anestesia, passando per gli originali diplomi di archiatra rilasciati nel 1700 ai primi esperti nell'arte medica.
Con la dovuta pazienza troverete altre mirabilie:una piccola manina metallizzata con un procedimento che il suo scopritore non rivelò e portò con se nella tomba.Difficile da trovare la siringa dell'ostetrico francese Clemanceau: su richiesta del cardinale Borromeo,ideò un congegno che permetteva di introdurre acqua
benedetta nella cavità uterina, allo scopo di battezzare preventivamente i futuri neonati , ove si prevedesse che le difficoltà di travaglio, potessero determinare il decesso del feto, prima del parto.

Tra le tante cose curiose e interessanti , per non tediarvi troppo voglio infine ricordare di soffermare la vostra attenzione sia alla ricostruzione fedele di una farmacia del XVII secolo ,completa di una bella collezione di boccali originali ,con lo stemma dell'antico ospedale S.Spirito, mentre per finire potrete dare un'occhiata da profani alla copia della "porta ermetica" unico monumento alchemico italiano ,ricco di strani simboli cabbalistici e scritte misteriose in latino ed ebraico.(Per addentrarsi in questi mondi si veda il dottissimo libro intitolato:La porta magica di Roma scritto da Pietro Bornia).
L'originale della porta ermetica si trova ormai recintato, all'interno dei giardini di Pza Vittorio a Roma.
Uscendo dal museo date un'occhiata ai chiostri in restauro dell'ospedale, troverete ancora una porta con la scritta "Spezieria", mentre dando le spalle all'uscita che porta verso via della Conciliazione ,vedrete in alto i corridoi affrescati e sopra lo stemma del Commendator Ludovico Grazioli, un esemplare risalente al 1828, ormai raro di orologio, con un quadrante a 6 ore e per tale ragione chiamato "orologio alla romana",data la sua diffusione a Roma, anche se in realtà segnava le cosiddette ore italiche, quelle cioè usate dalla Chiesa e legate alle funzioni religiose scandite dal rintocco delle campane .





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